martedì 28 novembre 2017

1917: L'ANNO IN CUI GLI OPPRESSI DISSERO BASTA!


Lo storico Angelo D'Orsi ha pubblicato un libro sul 1917, l'anno della rivoluzione russa ed è venuto a Parma a presentarlo nell'ambito delle iniziative per il centenario di quel fatidico avvenimento. A differenza di altre pubblicazioni, più o meno occasionali, il Prof. d'Orsi, storico dell'Università di Torino, rifugge dalla ideologia dominante che prevede la criminalizzazione del bolscevismo sulla base di sommarie esecuzioni ideologiche. Lo fa senza cadere nella superficiale ed acritica mitizzazione, ma cercando di collocare quegli eventi in un contesto più ampio che non sia limitato alla sola Russia.


Come ha sottolineato nella conferenza che ha tenuto nel  "Palazzo del Governatore" di Parma, ieri sera, sollecitato dalle domande di Margherita Becchetti prima e del pubblico poi, l'intero 1917 è stato un anno epocale. Molti degli avvenimenti di quell'anno sono diventati "fatti storici" in quanto hanno marcato, a volte per lungo tempo, le vicende successive. Un esempio richiamato dal prof. D'Orsi è quello della dichiarazione Balfour, con la quale l'allora ministro britannico riconosceva il diritto degli ebrei a disporre di un "focolare" in Palestina. Da lì è partito un lungo seguito di avvenimenti che ha come esito attuale la cancellazione di fatto del diritto dei palestinesi a disporre di un proprio stato.


Anche avvenimenti che apparentemente non avevano una diretta valenza politica sono stati richiamati come importanti per capire il clima ideologico di quegli anni, soprattutto quello che muoveva l'attenzione della gente comune più che degli intellettuali. E' stata così evocata l'apparizione della Madonna a Fatima, espressione di un desiderio diffuso di pace e di fine della guerra.

Ed è infatti la "grande guerra" lo scenario che ha determinato lo scatenamento di tanti eventi e drammi successivi. Senza questa non si può comprendere l'azione bolscevica di presa del potere. Lenin, ha ricordato il prof. d'Orsi, compì una scelta che riteneva obbligata, perché l'alternativa sarebbe stata il massacro di tutti coloro che si opponevano all'ordine esistente e alle disuguaglianze sociali.

La guerra fu un'insensata macelleria umana ed oltre a ciò fu caratterizzata dal rifiuto delle classi dominanti (quelle italiane in prima fila) anche solo di comprendere le ragioni di coloro che venivano mandati al massacro o che rimasti nelle retrovie protestavano per il pane. Fu così ad esempio di fronte alle proteste che portarono la Torino proletaria, prima le donne poi gli operai, a scendere verso il centro della città, la parte ricca e borghese, per testimoniare l'insostenibilità delle loro condizioni di vita ed essere accolti a fucilate.

La rivoluzione d'Ottobre fu molte cose, alcune delle quali (ad esempio il rapporto e l'uso della violenza) meritano riflessioni critiche anche se collocate in quel particolare contesto storico. Fu anche un grande fatto culturale. Il prof. d'Orsi ha ricordato come la prima richiesta di Lenin al potere, rivolta al nuovo Ministro della Cultura e grande intellettuale russo, Anatolij Lunacarskij, fu di portare una biblioteca in ogni villaggio dello sterminato impero non più zarista. In parte, come ha sottolineato lo storico, le aspirazioni profonde della rivoluzione furono tradite dalla successiva affermazione dello stalinismo.

Al di là della complessità di un bilancio storico che non può essere stilato con rozzezza manichea, la rivoluzione d'ottobre è rimasta la grande occasione nella quale gli oppressi, gli sfruttati, le vittime di scelte portate avanti a tutti i costi da classi dominanti avide ed ottuse (forse non così lontane da quelle attuali) si conquistarono il diritto da fare sentire la propria voce e di gridare per la prima volta nella storia: "noi ci siamo!"

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