Andrea Bui, candidato di Potere
al Popolo al collegio uninominale di Parma alla Camera, riflette sui motivi
profondi della degenerazione nelle nostre città, oltre la retorica
fascio-leghista.
"Sono ormai vent’anni che il
discorso sul degrado urbano è al centro di polemiche e dibattiti politici. Spaccio, microcriminalità e aggressioni vengono
indicati come la malattia da debellare nelle nostre città. Ma il virus che ci
ha contagiato non sta in questi fenomeni, spesso percepiti oltre la loro
rilevanza statistica: il senso di insicurezza che proviamo è solo un sintomo. È
come scambiare uno starnuto per la causa del raffreddore. Allora, proviamo a
essere meno superficiali e guardiamo come si stanno trasformando i centri urbani.
Le soluzioni che la politica ha
adottato finora, facendo finta di confondere le cause con le conseguenze, da un
lato prevedono misure repressive e dall’altro aprono la porta alle speculazioni
immobiliari, che saccheggiano il territorio e lo indeboliscono
ulteriormente.
A Parma abbiamo uno degli
esempi più inquietanti. Sappiamo bene a cosa ha portato la febbre edilizia: affari
per le grandi ditte di costruzione e per i professionisti del settore, debiti
lasciati in carico alla collettività e pezzi di città deturpati, tra cui il
Ponte Nord è solo il caso più evidente.
Mentre ci si preoccupava dei kebabbari e dei money transfer, cui si dava la colpe
di allontanare il commercio dalle zone centrali, ci si dimenticava che venivano
approvati progetti di mastodontici centri commerciali nelle periferie. Sono
questi che stanno distruggendo il commercio dei centri storici e soffocando le
nostre città. E che cosa hanno fatto quando la crisi ha colpito più forte,
aumentando i problemi sociali? Hanno tagliato proprio i servizi alle persone: siamo
al paradosso. La concentrazione del disagio in alcune zone è il risultato di
questi fattori.
Per “riqualificare” un quartiere,
invece, occorre migliorare la vita di chi lo vive e lo abita, partendo dai suoi
bisogni e, quindi, usando le risorse pubbliche per costruire case popolari,
rafforzare i servizi sociali, in particolare per i soggetti più fragili.
Invece, si continua a tagliare i fondi per queste che sono diventate vere e
proprie emergenze.
La nostra comunità deve favorire il commercio di prossimità,
non la grande distribuzione, e mettere a disposizione spazi di incontro e
socialità. Le città sicure sono quelle vissute, vive, quelle insicure sono abbandonate
dai servizi e desertificate anche a causa dei grandi complessi commerciali.
Sono città impaurite e impoverite, che stanno diventando il triste orizzonte
del nostro paese."
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