Margherita Becchetti, candidata di Potere al Popolo a Parma, interviene sulla crisi dell'università italiana.
"I nostri atenei, e quello di Parma non fa eccezione, sono
affetti da tre gravi patologie: carenza di iscritti, sotto-finanziamento
cronico, mancanza di prospettiva.
Qualche numero: le immatricolazioni sono oggi
il 20% in meno rispetto alla media 2004-2008. Un dato simile (-22%), poi,
riguarda anche il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO). Cosa che non
sorprende, dato che l'Italia dedica al sistema universitario lo 0.42% del PIL,
contro lo 0.98% della Germania e lo 0.99% della Francia.
Chi si stupisce è
ingenuo oppure in malafede: non avendo idea del perché il paese avrebbe un gran
bisogno delle intelligenze degli italiani - in particolare dei giovani -
ministri di vario colore hanno suggerito di lasciar perdere la formazione
post-secondaria per dedicarsi al lavoro manuale, a loro dire più redditizio.
Se sgombriamo il campo dalle bugie che ci hanno raccontato
per anni, cosa resta? Tolto il velo della propaganda, la dura realtà consiste
in questo: da un punto di vista economico l’Italia è uno stato satellite della
Germania. Sull'innovazione e sui settori ad alto contenuto tecnologico, quindi
ad alto valore aggiunto, non possiamo competere.
Di conseguenza formiamo una
forza lavoro priva di aspettative, contenta di prestarsi a mansioni a bassa
qualifica. Ma tutto ciò non è inevitabile, non è qualcosa che semplicemente
dobbiamo accettare. Chi lo crede, di nuovo, è ingenuo oppure in malafede:
perché, in realtà, è una scelta prima di tutto politica.
E Potere al Popolo rifiuta con la massima fermezza una
scelta del genere: l'Italia ha bisogno di ripensare un modello di sviluppo fondandolo
sul sapere diffuso dei suoi cittadini e sul valore primario della sostenibilità
ambientale e la cura dei territori.
Ecologia e intelligenza collettiva sono la
nostra ricetta per uscire dalla crisi, e l'università in questo scenario gioca
un ruolo centrale. Occorre perciò un piano di investimenti pubblici che porti
all'1% la quota di PIL destinata al sistema universitario.
Con questa
disponibilità sarà possibile garantire il libero accesso (di modo da rilanciare
le immatricolazioni) e abolire completamente da un lato il lavoro gratuito (di
dottorandi, assegnisti di ricerca, ecc.) che tiene in piedi la didattica, e
dall'altro l'eccesso di lavoro (del personale tecnico e amministrativo) che
permette alla macchina-università di sopravvivere."
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