lunedì 10 dicembre 2018

"MONTANARI PER FORZA": I RAGAZZI E LE FAMIGLIE DELLO SPRAR CONSORZIO FANTASIA


di Elisabetta Salvini

In questi tempi bui di sicurezza insicura e disumanizzante, l'Università può e deve essere luce. Luce di conoscenza, di humanitas e di progetti che ci diano speranza, che ci permettano di aprire lo sguardo e gli orizzonti. Perché la conoscenza è una prima, fondamentale forma di resistenza alla paura, all’odio, all’omologazione. Ieri nel Polo di via del Prato, Maria Molinari, antropologa e operatrice, ha parlato della sua vita e del suo lavoro all'interno dello Sprar Berceto e Sprar Unione dei Comuni Valli Taro e Ceno. 

Ha parlato del nostro Appennino e di quanto sia duro vivere lassù, su quelle nostre montagne sempre più povere di risorse, di servizi, di persone e di vita. Montagne che, in una dimensione mondiale tutta a portata di un clic, sembrano essere disconnesse, lontane, irraggiungibili, isolate.

Ha parlato dei montanari “per scelta” e dei montanari “per forza”. Quelli cioè che sono arrivati lassù, ospiti dello Sprar. Quelli che sono scappati sui barconi, che hanno attraversato il deserto, che si sono fatti mesi di Libia e che poi, arrivati in Italia, si sono ritrovati isolati a Berceto, a Bardi, a Bore.

Quelli che però ci sono, sono vivi e possono provare ad imparare una lingua nuova, un nuovo mestiere. Quelli che hanno frequentato corsi di formazione per conseguire una licenza come operatori di cucina, oppure per diventare agricoltori biologici. Quelli che hanno imparato a fare i taglialegna o hanno appreso l'antica arte del costruire i muretti a secco, che da poco sono entrati a far parte del patrimonio Unesco.

Quelli che, al mattino, possono prendere un caffè al bar insieme agli abitanti del posto. Quei montanari “per scelta” duri e un po' diffidenti, ma che, negli anni, hanno imparato a conoscere i nuovi montanari “per forza” e hanno imparato a ri-conoscerli come una risorsa, un'opportunità.

Li vedono per quello che sono: uomini, donne, bambini e bambine che hanno i nostri stessi diritti e che vivono la nostra stessa vita. Che bevono il nostro stesso caffè e che portano una ventata di nuovo dentro ad un bar silenzioso, che passeggiano per quelle strade di montagna, abitandole e ripopolandole di vita, di giovani, di bambini e bambine.

Perché la comunità lo sa che è solo grazie a questi nuovi “montanari” se la scuola elementare di Bore può restare aperta. Perché in quelle aule ci sono 10 bimbi, di cui 6 sono nigeriani e sono ospiti dello Sprar e se e quando se ne andranno loro la scuola elementare di Bore sarà, inevitabilmente, costretta a chiudere. 
Ecco chi sono gli ospiti degli Sprar. Sono tutte e tutti quelli che, una volta arrivati nel nostro Paese, possono fare, ancora, progetti di vita, possono provare a ripartire, a ricominciare.
Possono, no, POTEVANO. POTEVANO, fino all'approvazione del Decreto Salvini. Perché già da ottobre i richiedenti asilo non possono più essere ospitati negli sprar. Perché a Berceto, su 22 posti disponibili, ce ne sono 5 liberi, mentre ci sono ragazzi che dormono per le strade. E lo stesso sta accadendo in tutta Italia. 

Che cosa succederà in questi tempi bui di “sicurezza”, non lo sanno nemmeno gli operatori. Loro però sanno che cosa sono riusciti a fare fino a ieri e cosa avrebbero potuto continuare a fare. E sanno anche quanta insicurezza sociale porterà questo decreto. Loro lo sanno, perché conoscono la realtà in cui vivono tutti i giorni, da tanti anni.
Noi, forse, non lo sapevamo, ma grazie a questo incontro abbiamo tanto su cui riflettere, per non restare legati solo ad una indignazione mediatica. Per questo il mio grazie, oggi, va alla professoressa Martina Giuffrè e a Maria Molinari di Insieme allo SPRAR Consorzio Fantasia, perché l’Università, quella vera, sa e deve fare anche questo.

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