lunedì 22 gennaio 2018

FRANCESCA FORNARIO, GUIDO LIGUORI: PER "POTERE AL POPOLO" CON IL CUORE, CON LA RAGIONE

Francesca Fornario, scrittrice
Due interventi significativi a favore della lista "Potere al Popolo", in vista delle elezioni del prossimo 4 marzo. Due voci intellettuali diverse per sensibilità e perché appartenenti a differenti generazioni. Due tra le poche eccezioni che si sono schierate con passione e intelligenza a favore di un movimento nato dal basso e senza padrini e padroni.  Alcune tra le poche mosche bianche, che hanno fatto questa scelta, in un Paese nel quale la gran parte degli intellettuali tende ormai a schierarsi prima di tutto con il Potere e quasi sempre contro il Popolo.


Francesca Fornario, scrittice: ...e poi c'è Bruno, con la quinta elementare e la valigia di cartone...

"Ho avuto il privilegio di raccontare le lotte di tante operaie e operai, commesse e commessi, studentesse e studenti, richiedenti asilo, senza casa, di tante e tanti omosessuali e transessuali, di scendere in piazza con loro portando in dote per anni il mio senso di colpa per non aver mai avuto bisogno, come loro, di lottare per il mio personale diritto a una casa, a un lavoro decente, alla cittadinanza, alla salute, a una famiglia: il diritto a un’esistenza libera e dignitosa. Mi sono trovata per la prima volta due anni fa nelle condizioni psicologiche di chi non ha alternativa alla lotta e solo allora le ho comprese davvero. Le condizioni psicologiche di chi, per ottenere il riconoscimento di un diritto fondamentale, deve necessariamente combattere contro un sistema ingiusto e con quel pensiero si sveglia, si addormenta, perde il sonno, si sorprende disperato in mezzo a tanti che sembrano spensierati, o almeno hanno l’aria di cavarsela, e ti domandi se davvero non se la passano male o se invece anche loro la sera piangono perché hanno paura dello sfratto, del mancato rinnovo del contratto, di non avere i soldi per le medicine. E allora ti senti come Bukowski in quel romanzo, quando vede i disperati bere da soli, in fila sugli sgabelli del bar, e pensa che bisognerebbe tornare indietro nel tempo, indietro fino al punto in cui non sembrava ridicolo abbracciarci tutti e tenerci stretti. Al punto dove ti conducono i figli, quando abbracciarsi e tenersi stretti è la cosa più naturale, più necessaria, più facile, più sensata da fare.

Che punto era? Si domanda Bukowski. Ora è tardi, ora sarebbe patetico, ora siamo adulti e siamo fottuti.

Combatto da due anni per il diritto di mio figlio - del bambino che un giorno mi ha adottato - di crescere al mio fianco fino a quando avrà bisogno e voglia di stare con me. Combatte anche lui. Questa nostra battaglia mi fa partecipare con maggiore consapevolezza alla lotta di tutti per i diritti negati e raccontare la lotta non è più soltanto un privilegio e un impegno: è una necessità.

Però, è anche una gioia. È un’emozione costante. Lo devo ai compagni di strada. Ai sindacalisti, gli attivisti, i politici, i militanti che si battono dove possono e come possono, ciascuno nella sua fabbrica, nella sua valle, nella sua città, nel suo partito, nel suo sindacato. Di combattenti è pieno il mondo e non basta una bandiera a rappresentarli tutti.

Ho conosciuto ieri Bruno, che il sindacalista ha cominciato a farlo a 14 anni, quando lavorava nei caseifici in Sardegna e con un suo amico si è battuto perché i maschi guadagnavano 192 lire all’ora e le donne 500 lire a giornata, e bisognava che la paga fosse la stessa. Si è battuto e ha vinto. E a 16 anni, con la quinta elementare e la valigia di cartone, è arrivato a Torino, nella grande fabbrica, affittando per la notte il letto dove di giorno - ha scoperto la volta che si è ammalato ed è tornato alla pensione presto - dormiva uno studente. «La prima volta che ho bloccato la linea è stato quando ho visto un mio compagno cagarsi addosso perché non lo lasciavano andare in bagno». Era il 1968. «Poi, in corteo, un partigiano mi ha preso sottobraccio. Mi ha fatto vedere dove c'erano le armi, nei corridoi sotto alla fabbrica, per quando sarebbero servite». Sono passati 50 anni. Bruno ha vissuto in una comune, ha fatto il consigliere comunale a Torino, ha continuato a battersi per i diritti negati agli altri anche dopo aver ottenuto i suoi e oggi è un attivista di Potere al popolo! . Sono passati 50 anni e una commessa mi ha raccontato che le è venuta la cistite perché non beve: non beve per evitare di pisciare al lavoro. Le armi non sono servite e non sarebbero bastate. Non ha voglia di fare vertenza, non ce la fa «Però tu scrivilo nel tuo libro», però c’è Bruno, però siamo tanti e anche lei, forse, troverà la forza.

L’ingiustizia patita produce rancore, rabbia, rassegnazione. Quando però si uniscono le lotte produce anche questa gioia, questa emozione che tanti di noi provano ogni giorno nel trovarsi riconoscersi, tenersi stretti come Bukowski credeva non fosse più possibile senza apparire ridicoli. Appariamo precisamente così, agli occhi di chi non conosce questa emozione: ridicoli, patetici, velleitari. È un giudizio che ho letto spesso nello sguardo di chi chi non ha mai dovuto combattere per sé e non ha mai voluto combattere per gli altri. Più provo questa emozione più quello sguardo, invece che rabbia, mi fa tenerezza. «Se tu sapessi, caro Marchionne, caro Briatore, cara Fornero, caro Renzi, caro Senatore, caro collega giornalista, caro eterosessuale maschio bianco e ricco di famiglia... Se tu sapessi che cosa ti stai perdendo, verresti a chiedercene un po’».

Queste righe sono per ringraziare ciascuno di voi: sapete chi, sapete perché. Teniamoci stretti, noi che siamo ancora in tempo. Buona campagna elettorale, buona lotta prima, durante e dopo".

Guido Liguori, presidente della International Gramsci Society (a titolo personale): ...cerchiamo ancora, fuori e contro il centro-sinistra...

"Ieri ho firmato per la presentazione delle liste di Potere al popolo e ho sottoscritto anche il suo “manifesto”. Dopo il fallimento del progetto del Brancaccio, i militanti e le militanti della sinistra che non sono iscritti ad alcuna organizzazione (è il mio caso), tanto più se di idealità comunistiche, sono di fronte a una scelta: o ci si schiera con Liberi e Uguali, accettando una prospettiva politica legata a un futuro nuovo accordo con un Pd senza Renzi, o si aderisce a Potere al popolo, che indica una prospettiva di opposizione a tutto il quadro politico-istituzionale dato.


La scelta di fondo è data dal posizionamento di fronte alla “sinistra più brutta del mondo”, come scrisse Perry Anderson. Io ritengo che se era sbagliato credere che prima tutto il male fosse Berlusconi, ora è sbagliato credere che tutto il male sia Renzi. Le cose sono più complesse: la deriva della sinistra italiana ha molti padri e pensare a una sua ripresa mantenendo un rapporto di alleanza col Pd, da chiunque guidato, è un forte errore. Ds e Pd hanno nel loro complesso la responsabilità delle politiche neoliberiste degli ultimi anni, in primis fiscal compact, stravolgimento della Costituzione con l’inserimento del pareggio di bilancio, legge Fornero, ecc. Per questo credo che la sinistra e con essa i comunisti possono rinascere nel nostro Paese (con un processo non breve e che comprenda anche una rinnovata elaborazione teorica e culturale) solo segnando una discontinuità forte con queste politiche. Fuori e contro il centrosinistra, si era detto al Brancaccio. Resto di questa idea, convinto che questa sia la strada per ricostruire l’identità di una sinistra di lotta che inizialmente non potrà che essere all’opposizione, in collegamento con le più significative esperienze della Sinistra Europea, in Spagna, in Grecia, in Germania, ecc.


L’iniziativa che ha portato a Potere al popolo è un punto di partenza che può essere ricco di sviluppi. Penso che essa non debba mirare a un nuovo partito, ma a sviluppare una “democrazia di base”, non contrapposta alla democrazia istituzionale, ma intrecciata a essa, tendente a condizionarla denunciandone storture e contraddizioni. Nel Manifesto di Potere al popolo si parla di “controllo popolare sulle istituzioni”, di “una rete di assemblee territoriali”, di una esperienza che sia un punto di partenza e non di arrivo, per dare rappresentanza a quella gran parte di Paese reale oggi senza voce. 

Nel Programma di Potere al popolo vi sono anche punti che mi sembrano basilari per una ripresa della sinistra: il forte richiamo alla Costituzione come era prima che fosse modificata dal neoliberismo e dal centrosinistra, la volontà di costruire un’altra Europa, molto diversa da quella dei Trattati (e con una politica dell’accoglienza condivisa), la radicale opposizione alle guerre, la centralità delle politiche che dovrebbero garantire lavoro non precarizzato, dignità pensionistica, una nuova fiscalità che distribuisca diversamente la ricchezza esistente, lotta al precariato, rilancio dell’istruzione e della cultura, sono punti che permettono davvero di dire che si tratta di un buon programma, condivisibile e da far conoscere, anche se su altri aspetti più limitati si può discutere o anche dissentire.

La tv e i media possono oscurare questa realtà presente nel paese reale, non cancellarla. Spero che essa possa vivere oltre il 4 marzo per far sentire la voce dei molti uomini e delle molte donne che non ne possono più di questo assetto economico-sociale e di questa democrazia svuotata. Cerchiamo ancora, fuori dai vecchi giochi del potere e del politicismo esasperato e ormai consunto. Pronti ad accogliere le compagne e i compagni che, se fanno oggi scelte diverse, conservano intatta la volontà di costruire una alternativa reale alla società in cui viviamo e che, spero, si uniranno presto a noi domani, anche dopo il 4 marzo."

Nessun commento:

Posta un commento