domenica 4 novembre 2018

IL NARCISISMO ARROGANTE DI QUALCUNO RISCHIA DI CANCELLARE QUEL CHE DI BUONO C'ERA IN "POTERE AL POPOLO"

Continuo a leggere diverse ricostruzioni legate alla rottura avvenuta nei giorni scorsi dentro Potere al Popolo. Ritengo senza dubbio la situazione imbarazzante, poiché i litigi e i conflitti tra le organizzazioni del campo della sinistra di alternativa appaiono inevitabilmente, a chi non è direttamente coinvolto in quei litigi e conflitti, come grotteschi e paradossali. Ciò nonostante questo non significa che non ci sia un merito. 

Non ero tra gli entusiasti della prima ora di Pap, non ero tra i nemici di Pap: ho sempre pensato che Potere al Popolo si muovesse in uno spazio tra la necessità, provare a accumulare un po' di forze per dare consistenza alla sinistra, e la possibilità di percorrere strade nuove, provare a dare un protagonismo a chi sta in prima linea nel campo dei conflitti e delle vertenze sociali, creare un effetto "moltiplicatore" nell'ambito della costruzione politica e sociale della sinistra di alternativa. 

Pensavo quindi che l'utilità e le potenzialità di quel progetto si sarebbero giocate in prospettiva, con le scelte che si sarebbero fatte, e che non fossero date in automatico o magicamente. L'esito elettorale - poco più dell'1% - ha dimostrato del resto quanto la strada fosse difficoltosa e accidentata: non basta essere giovani, essere Cremaschi, dire cose radicali, evocare e praticare i conflitti sociali per farcela. 

E' durissima per tutte e per tutti, e brindare quando hai preso l'1% non cambia le cose. Sempre l'1% è. Ciò nonostante in diversi hanno detto: andiamo avanti. Tra questi pure il partito a cui sono iscritto, Rifondazione Comunista. Con quel tipico approccio un po' masochistico che solo noi abbiamo, nel percorrere una strada complicatissima - in cui non è che fossero invisibili alcuni limiti - ma sapendo, questo è almeno ciò che penso, che quello era il passaggio che andava fatto, anche a costo di gestire una complicata discussione interna. 

Certo: ce ne vuole, in un mondo e in un tempo in cui conti solo se prendi voti alle elezioni, dire: aderiamo a un progetto che ha preso voti quanto un Ingroia qualunque, o quanto avrebbe probabilmente preso il Prc se si fosse presentato da solo alle elezioni. Lo abbiamo fatto. 

Per tutto questo mi appare incredibile l'atteggiamento messo in campo da alcuni dirigenti di Pap -mentre tutto questo avveniva - nel rappresentare il Prc come un'accozzaglia politicista, di poltronai, un organizzazione da sciogliere il prima possibile, un ostacolo sul proprio cammino da superare a colpi di maggioranza. 

Non che, in tutto questo, non ci fossero anche differenze politiche a animare il conflitto. Rifondazione Comunista pensava e pensa che il processo messo in campo da Pap dovesse essere il più aperto possibile, e il punto fosse come continuare a provare accumulare più forze possibili nel tentativo di costruire la Podemos italiana, il Front de Gauche italiano eccetera. Contrariamente a altre organizzazioni presenti in Pap. 

Le differenze non sono certamente un male se si vuole costruire un soggetto plurale. Altra cosa se vuoi costruire un soggetto maggioritario, in cui chi dissente viene preso a mazzate e gli viene indicata la porta. Ora la seconda cosa un po' incredibile, anche se coerente con una serie di accuse lanciate in precedenza, è leggere che il Prc sarebbe uscito da Potere al Popolo per inseguire la poltrona perduta con Sinistra italiana piuttosto che con De Magistris. Il punto di fondo è che di Iglesias (Pablo) e di Melenchon bisognerebbe avere il consenso, mentre mi sa che ne è stato importato solo il narcisismo un po' arrogante. E non è mica la stessa cosa.

Nando Mainardi

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